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Mercatone chiuso, lacrime e rabbia

MADIGNANO CR Scene di sconforto, delusione e rabbia davanti al Mercatone Uno, in seguito alla chiusura senza preavviso. Nella notte un’email indirizzata ai dipendenti ha annunciato il fallimento dell’intera catena, che in Italia comprende 55 negozi e 1.800 addetti. A Madignano, nell’area commerciale, artigianale e industriale erano al lavoro in 35 soltanto un mese fa. Alcuni stamattina sono venuti a ritirare gli ultimi effetti personali. Il negozio poi è rimasto chiuso, con le saracinesche abbassate. Diversi clienti sono arrivati nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio, con la ricevuta del pagamento già effettuato. Chi doveva ritirare i mobili della cameretta del figlio, chi la cucina e chi una tenda da sole. Nessuno si aspettava una chiusura così furtiva, nella notte. Gli stessi dipendenti fino a ieri sera non ne sapevano nulla e spiegavano ai clienti che non c’erano novità sul rischio di cessazione dell’attività. La rabbia non è mancata oggi pomeriggio: alcuni sono entrati nello spiazzo davanti all’ingresso, andando poi a vedere sul retro, nella zona del ritiro degli acquisti, senza però trovare anima viva. E’ scattata una fotocellula ed è suonato l’allarme, che però non era collegato con le forze dell’ordine. Nessuno dunque si è presentato agli ultimi clienti per completare le consegne. Un dramma dunque, con un finale drastico dopo una lunga agonia, che lascia col fiato sospeso anche i dipendenti delle attività vicine, come il negozio di surgelati e l’autolavaggio.  Ad aprile, quando già si temeva il fallimento, si pensava ancora che ci fosse tempo entro il 30 maggio per presentare un piano di rientro da attuare entro il 6 giugno. La proprietà, la holding Shernon, si è trovata in grave difficoltà a causa, fra gli altri motivi, dell’uscita dal gruppo di uno dei soci. Il negozio di Madignano, però, si trova in posizione strategica, lungo la Paullese e a pochi chilometri da Crema e Castelleone. Tempo fa infatti si è parlato dell’interessamento del gruppo Tosano.

Quattro sindaci contro la centrale a biomasse legnose di Castelleone

CASTELLEONE CR Premiate dai contributi pubblici, le energie rinnovabili continuano ad esercitare un’attrazione irresistibile sulle imprese, mettendo però in seria difficoltà i Comuni, preoccupati dagli impatti ambientali rilevanti, come nel caso delle centrali elettriche a biomasse legnose, considerate dagli ambientalisti come inceneritori. E’ il caso della rinnovata proposta della ditta Godeca pellet di Madignano, al confine con la frazione Oriolo di Castelleone, che ha presentato un nuovo progetto, dopo la bocciatura subita il 2 dicembre scorso dal settore ambiente della Provincia e dall’amministrazione guidata dal sindaco Pietro Fiori. La conferenza dei servizi del 26 maggio non ha risolto i problemi, anche se la ditta propone un camino più alto, situato a 25 metri, la riduzione delle polveri da 20 a 10 microgrammi, dell’anidride carbonica da 350 a 150 microgrammi, la rinuncia all’impianto di cogenerazione e l’ampliamento del locale di stoccaggio delle biomasse legnose. La potenza è di 999 kilowatt e 6.100 kilowattora termici. Il 16 maggio il Comune ha informato la Provincia che non c’è compatibilità urbanistica, tuttavia si sta valutando la possibilità di modificare il Piano di governo del territorio comunale, sempre che l’impatto ambientale sia accettabile. La centrale funzionerebbe per 8mila ore all’anno, bruciando 14mila tonnellate di legna e producendo ceneri per un totale annuo di 87 tonnellate, di cui 52 leggere e 35 pesanti. Il Comune ha manifestato già in una nota del 10 maggio non poche perplessità sul piano igienico-sanitario, anche se la ditta propone un’area di mille metri quadri da piantumare. Il sistema di abbattimento delle polveri però, anche nelle migliori condizioni, non fermerebbe la diffusione nell’ambiente delle pm 2,4 e delle pm 1, cioè delle polveri più sottili e pericolose per la salute. La relazione dell’Arpa mette in luce che le emissioni sono significative, e l’Ats nota che non si possono escludere effetti negativi su lavoratori e residenti nell’area circostante, anche perché è una zona che arriva a superare il limite europeo delle polveri sottili pm10 ben 110 volte l’anno, cioè un giorno su tre o quattro. Sono ben quattro i sindaci che hanno manifestato preoccupazione per la salute dei cittadini con una lettera datata 10 maggio e inviata al settore Ambiente della Provincia: oltre a Pietro Fiori di Castelleone, si tratta di Guido Ongaro di Madignano, Alessandro Pandini di Montodine e Marco Ginelli di Ripalta Arpina. Il 21 giugno è prevista una nuova riunione della conferenza dei servizi.

 

Sgombero dei profughi, no anzi: camminata ecosolidale

Sgomberare i profughi oppure ospitarli? Quando le “ruspe” sembravano imminenti, il sindaco Ongaro non ha confermato né smentito, e tuttavia ha accompagnato la camminata ecosolidale con i cittadini e i profughi di ieri mattina verso il santuario del Marzale, in occasione di “Puliamo il mondo”. E il presidente della fraternità degli ex allievi don Bosco ha raccontato la particolare vicenda dei 27 ospiti di via Colombo.

 

L’accoglienza ai profughi a Madignano si fa col volontariato, con le offerte dei cittadini e l’impegno personale, come spiega Paolo Ginelli, che per sostenere l’attività ha venduto l’automobile, mentre sua moglie ha venduto gli ori di famiglia. Non pochi cittadini del paese confinante con Crema hanno dato aiuto in vari modi, offrendo anche materassi. In via Colombo, a cento metri dalla Paullese, la fraternità degli ex allievi don Bosco, che fa parte della famiglia dei salesiani, ospita 27 profughi per lo più nigeriani: ventidue sono cristiani, tre islamici, ma le porte sono aperte a tutti, italiani disoccupati, sfrattati e senza lavoro, senza altra speranza, almeno per un periodo, che l’umana solidarietà. Stamattina Paolo Ginelli con un gruppo di abitanti e i profughi ha partecipato all’iniziativa “Puliamo il mondo” e una camminata ecosolidale verso il santuario del Marzale, carico di mille anni di storia, e un pic-nic nell’incantevole oasi verde tanto amata dai cremaschi. Anche il sindaco Guido Ongaro ha raggiunto il santuario con i profughi, per stemperare i toni. Al primo cittadino infatti è stata attribuita la volontà di sgomberare lo stabile di via Colombo, con il sostegno di un comitato locale. Nessuna conferma e nessuna smentita da parte di Ongaro, che oggi si fa fotografare accanto a Ginelli, già assistente sociale e assessore, di professione impiegato di banca. Ongaro annuncia un comunicato fra due giorni. Nello stabile non ci sarebbero spazi sufficienti, secondo alcune critiche, quindi ecco Ginelli mostrare le cinque ampie camere da letto e altre stanze: più di 300 i metri quadrati per 27 persone, arrivate all’inizio di agosto. Il corso di alfabetizzazione è già iniziato, condotto da un insegnante che aveva perso il posto di lavoro. Critiche accuse persino minacce a Ginelli da quanto si sa non sono mancate; intanto l’accoglienza prosegue, organizzata dal basso. Un ristorante pizzeria di Ripalta Arpina, “Cibo felice”, cucina per tutti, sostenuto anch’esso dalle offerte e dalla buona volontà. Il caso di Madignano ha incuriosito il mondo politico: sono arrivate telefonate anche da Roma, ma la fraternità salesiana rimane del tutto indipendente, estranea ad ogni schieramento. Problemi in paese? Alcuni vicini di casa giurano di no.