CREMONA Il progetto di restauro e risanamento conservativo dell’ex monastero di Santa Monica e del Magazzino Carri, presentato dalla Fondazione Arvedi Buschini, è stato approvato dalla giunta Galimberti, che già tre settimane fa mostrava al pubblico, nelle sale di palazzo comunale, il plastico che illustrava gli effetti dei lavori già in corso, resi possibili dall’accordo di programma del novembre 2017 fra Comune, Provincia, Regione, che versa un milione e 700mila euro, Fondazione Cariplo, Università Cattolica e Fondazione Arvedi Buschini. L’ex monastero di via Bissolati, quindi, si trasforma in polo universitario in grado di accogliere un migliaio di studenti, ancor prima di essere stato conosciuto dai cittadini di Cremona. L’ex convento infatti è chiuso al pubblico da anni, con l’eccezione delle giornate del Fai. Il sindaco Gianluca Galimberti ha chiesto ampia collaborazione, al di là di ogni divisione, ritenendo che il futuro della città, per chi crede in una prospettiva di crescita, passi per il Campus Santa Monica. Critiche però ne sono emerse, a partire dal gruppo Facebook “Cremona Ancor” creato da Daniele Disingrini, che fa parte dell’associazione Progetto Rinascimento. La trasformazione in campus, su modello americano, con il trasferimento della Cattolica da via Milano in centro, non è a tutti appare l’unica soluzione possibile. Un’alternativa poteva essere un profondo lavoro di restauro conservativo di tutta la chiesa del monastero, che ha 700 anni, per salvarne gli splendori originari. Durante le due guerre mondiali è stata molto rimaneggiata e utilizzata come magazzino carri: ecco perché dietro l’altare si vede un passo carraio. Non si sa nemmeno, oltretutto, se siano andati perduti degli affreschi, che comunque sono stati nascosti dalle imbiancature. Il pavimento originale in terracotta è stato ricoperto da una gettata di cemento. L’ex convento, già trasformato in caserma da Napoleone Bonaparte, poteva dunque essere almeno in parte recuperato e salvato così com’era, e divenire punto d’attrazione turistico. Ha prevalso una scelta ben diversa, senza nemmeno che a Cremona si sia svolto un dibattito aperto, pubblico e a più voci. Il via libera della Soprintendenza risale al 9 aprile.